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La brutale pratica dello shark finning 

La brutale pratica dello shark finning 
La brutale pratica dello shark finning
A cura di Ilaria Melato
Con shark finning, o “spinnamento degli squali”, si intende la pratica di rimozione delle pinne degli squali, effettuata direttamente nei porti, o addirittura al largo, rigettando poi in mare il povero animale ancora vivo, condannandolo ad una lenta e prolungata agonia. Questa pratica purtroppo è molto diffusa, poiché la zuppa di pinne di squalo è considerata una prelibatezza, soprattutto in Asia e in particolare in Cina, anche se tuttavia non ha alcun sapore né valore nutrizionale. Attorno ad essa gira però una rete commerciale molto proficua, dove una porzione di zuppa può arrivare a costare 100$.
La principale conseguenza di questa attività, oltre all’evidente risvolto etico, è che a farne le spese, come avviene sempre in questi casi, è un animale che popola i nostri oceani da milioni di anni, più antico addirittura dei dinosauri.
Gli squali sono dei protagonisti importanti nella vita degli oceani, tanto quanto balene e delfini, ma descritti da sempre soltanto come animali pericolosi, ed evidentemente non altrettanto fotogenici o capaci di suscitare emozioni nel grande pubblico, causandone quindi la scarsa comprensione. Essi sono top predator all’interno delle reti trofiche marine, garantendo l’equilibrio degli ecosistemi. La parola “equilibrio” di per sé suscita un senso di fragilità, di vulnerabilità, e purtroppo è proprio così: gli ecosistemi marini sono estremamente sensibili, e la rimozione di predatori di vertice come gli squali causerebbe una sovrappopolazione nel livello trofico sottostante, con effetti a catena di progressivo esaurimento delle risorse trofiche, fino ad arrivare agli organismi più piccoli, con conseguenze drammatiche.